Il nostro santo padre EUSTAZIO I nacque nel 1230 nella diocesi di Budimlje (entroterra del Montenegro) da genitori ortodossi timorati di Dio, ai quali fin da giovane obbedì onorandoli con sincerità di cuore. Provò amore vivissimo per la vita liturgica, in particolare per i canti e le letture, concentrandosi in continuazione sul significato più profondo delle parole della preghiera. Un giorno, all'età di dieci anni, si presentò ai genitori e disse loro: “Voglio davvero imparare di più sulla nostra fede e l'amore di Dio; vi prego, genitori miei, di procurarmi libri, affinché possa istruirmi”. I genitori lodarono e benedissero il Signore per aver ispirato un così bel desiderio nel loro giovane e amatissimo figlio, che inviarono dal prete locale perché ne avesse insegnamento ed esperienza più piena di fede.

Affascinato e illuminato dalle vite dei santi, dagli insegnamenti delle Scritture e dei grandi padri e madri della Chiesa, trasformato dalla vita di orazione, digiuno e frequenza ai sacramenti, il ragazzo cominciò a perdere ogni attaccamento alle cose di questo mondo e talora a saltare i pasti e il sonno. Cominciò pure ad amare il Signore Gesù Cristo più dei genitori (cfr. Mt 10, 37; Lc 14, 26).

A quattordici anni Eustazio decise di abbandonare la casa paterna e recarsi a Zeta (Montenegro costiero) per farsi monaco. Andò al monastero dell'arcangelo Michele di Prevlac, nei pressi di Cattaro, sede episcopale di Zeta. Ricevuto dal vescovo Neofato, gli chiese di essere ammesso nella comunità. Donò allora tutti i suoi averi ai poveri (Lc 18, 22) e iniziò la vita quotidiana del monastero che comprendeva sia la pratica liturgica sia quella ascetica e contemplativa. Trascorrendo giorni e notti in preghiere, digiuni e veglie, il giovane iskusenik (novizio; letteralmente: “uno che viene provato”) divenne in brevissimo tempo noto come un asceta virtuoso e un cristiano devoto. Quindi, dopo un breve periodo, fu accolto fra i monaci; per la sua condotta ascetica, gli fu concesso di vivere in esichia e silenzio in una cella fuori della comunità monastica. L'umiltà e lo spirito gentile di Eustazio lo precedevano ed egli era conosciuto in tutta la Serbia come un vero discepolo di san Sava e il modello di preghiera secondo gli antichi Padri del deserto.

Subito prima del ventesimo compleanno Dio accese nel suo cuore il desiderio ardente di visitare la città santa di Gerusalemme per venerare il Sepolcro e gli altri luoghi santi. Senza dir nulla a nessuno Eustazio pregava incessantemente il Signore Gesù di fornirgli i mezzi per recarsi dove egli aveva versato il suo sangue per la vita del mondo e aveva compiuto tanti miracoli. Con sua sorpresa, una notte, mentre era in orazione, Eustazio ricevette la visita di due monaci che non aveva mai incontrati. Questi due messaggeri divini lo informarono che il Signore aveva realmente ascoltato le sue suppliche e che erano stati inviati ad accompagnarlo in Terra Santa. Ricevuta, allora, la benedizione del vescovo Neofato, venerate le sante icone di Cristo e del suo messaggero in capo, Michele "guida delle sante schiere", Eustazio e i due monaci partirono per Gerusalemme; lì arrivarono sani e salvi con l'aiuto del Signore e visitarono immediatamente, in pia devozione, il Golgotha, la Tomba di Cristo e gli altri luoghi santi. Inoltre, senza fretta, Eustazio si avventurò a riverire gli anacoreti venerabili e timorati di Dio che vivevano fuori di Gerusalemme. Ne apprese le regole spirituali, i trionfi ascetici e la vita totalmente dedita a Cristo nella lotta contro i demoni.

Dopo più di un anno in Terra Santa Eustazio, ora ventunenne, decise di rimpatriare; ma invece di tornare nell'amata Serbia, approdò al Monte Athos , per l'ulteriore purificazione del corpo e dell'anima da ogni passione, necessità e affanno terreno. Entrò nel monastero serbo di Hilandar e si consacrò alla Santissima e Sempre Vergine Maria Theotokos, la vera igumena di tutta la Santa Montagna. Si comportava da monaco umile e tranquillo, dedito a costante silenzio mentale e preghiera del cuore; ciò nonostante, si videro entrare nella cella di Eustazio anche gli asceti più anziani, più esperti e saggi dell'Athos, per ricevere la grazia e l'amore di Dio dalle labbra di questo monaco ventunenne. Dopo diversi anni passati a Hilandar i confratelli lo elessero unanimi igumeno della loro comunità.

Nel reggere il monastero Eustazio incrementò la lotta spirituale contro le sozzure della carne, preferendo guidare più con l'esempio che con le parole. Non fu solo amato e rispettato dai monaci di tutte e venti le comunità dell'Athos, ma godé l'ossequio e la stima dei re, delle regine e dei laici di tutti i paesi ortodossi. Si potevano vedere principi serbi e governanti dei vari centri ortodossi bussare frequentemente alla porta della sua cella per averne lume, conforto e benedizione. Non destò dunque sorpresa quando il virtuoso, venerabile Eustazio, contro la sua umile volontà, venne scelto e consacrato nel 1270 vescovo di Zeta, mentre si trovava nello stesso monastero (dedicato a san Michele Arcangelo) in cui, ventisei anni prima, aveva iniziato il suo viaggio spirituale da novizio quattordicenne. Quando poi nel 1278 l'arcivescovo serbo Gioannicio si addormentò nel Signore, re Milutin, riuniti in assemblea plenaria i vescovi ed altre autorità della Chiesa serba ortodossa, non udì altro nome se non quello di lui come successore sul trono arcivescovile di san Sava. Tutti furono unanimi nell'eleggere Eustazio nuovo arcivescovo di Serbia.

Dal monastero di Zica a Kraljevo l'arcivescovo Eustazio guidò il gregge come sempre aveva fatto, offrendo la sua immagine di orante, donando e amando incondizionatamente. Fu benvoluto specialmente dai laici della Chiesa serba per il suo costante interessarsi non soltanto alla loro condizione spirituale, ma anche alle loro necessità materiali. Più volte richiamò i responsabili ecclesiastici e politici perché prestassero maggiore attenzione ai bisognosi.

Sant'Eustazio non governò la Chiesa serba a lungo (1279-1286). Ad appena sette anni dall'ascesa al trono arcivescovile di Zica cadde seriamente malato. Iniziò così a prepararsi per abbandonare questo mondo ed entrare nelle dimore celesti. Benché egli fosse infermo, la sua anima non smise di elevarsi, mostrando a tutti la vita trasfigurata e santificata di cui è fonte la benedetta sofferenza in terra. Poco prima della sua dipartita erano al suo capezzale tutti i vescovi della Chiesa serba ortodossa, molti monaci athoniti e capi di tutti gli altri paesi ortodossi. Vescovi, sacerdoti, monaci e laici erano visibilmente scossi e in vivo affanno, timorosi di perdere il loro grande maestro, asceta e arcipastore. Eustazio non avrebbe voluto nulla di tutto ciò. Levandosi sul letto, recitò le parole del Salmo 33,3: "Magnificate con me il Signore ed esaltiamo insieme il suo nome!". Allora tutti ricevettero l'eucarestia dalle sue mani pure: ognuno di essi era venuto come figlio spirituale per ottenere dal venerabile padre l'ultima benedizione e il perdono dei peccati. Alla fine il beato Eustazio levò le mani al cielo e disse: "Tu solo, Dio degli dei e Signore dei signori, conosci la fine della mia vita; nelle tue mani affido il mio spirito!". Pronunciate queste ultime parole, il santo entrò divinamente e gloriosamente nelle dimore del Signore, il 4 gennaio 1286. Aveva 56 anni.

Un dolce profumo pervase il corteo funebre diretto alla chiesa del Salvatore di Zica, dove Eustazio fu posto a riposare in una cripta marmorea da lui predisposta con le sue proprie mani. Si ebbero numerosi miracoli dopo il funerale. Spesso il luogo del seppellimento era circonfuso di vivida luce; spesso un profumo soave aleggiava sulla tomba; spesso dalla cripta si udiva una voce recitare preghiere. Un uomo, gravemente malato, spesi i guadagni di tutta la vita in cure varie, alla fine rinunciò ai mezzi terreni e si recò nella chiesa del Salvatore a chiedere aiuto al Signore. Tutte le volte che pregava nella chiesa stava vicino alla tomba di sant'Eustazio. Una notte, in sogno, vide se stesso vicino alla cripta. Gli apparve un uomo gentile e umile di aspetto, in vesti di arcivescovo. L'ammalato lo invocò ad alta voce; si sentì rispondere: "Il Signore mi ha inviato a guarirti; ma non peccare più, altrimenti la tua condizione potrà peggiorare".

"Ma voi chi siete?", domandò all'arcivescovo l'ammalato facendosi il segno della croce.

"Sono un servo di Cristo. Sono un monaco, il mio nome è Eustazio, e riposo nel Signore qui, nel monastero".

Quindi, svegliatosi, l'infermo si recò subito con un'ansia benedetta dal nuovo arcivescovo di Serbia, Giacomo, informando lui e tutto l'episcopato di quanto gli era accaduto in sogno. Dopo questa confessione l'uomo guarì completamente e tutti resero gloria al Signore e al suo santo, Eustazio.

Inoltre, inspiegabilmente, sbocciarono tre fiori dalla lapide marmorea della cripta, che, tutta in pietra, non aveva terra attorno. Alcuni pensarono che fosse un segno del Signore per rivelare l'immortalità e l'incorruttibilità di Eustazio. Il fatto apparve in tutta la sua rilevanza quando il monaco ecclesiarca vide in sogno un giovane tremendo con una pala incandescente in mano, che disse: "Non comprendi il segno dei fiori? Non capisci l'eterna bellezza e la florida immortalità dei santi del Signore?". A seguito di ciò, e con la benedizione dell'arcivescovo Giacomo, re Milutin ordinò di aprire la tomba. Eustazio vi giaceva integro, profumato, col corpo raggiante, pieno di vita a vedersi. Tutti lo venerarono e il suo corpo fu posto al centro del katholikon (chiesa principale) del Salvatore del monastero di Zica. Di conseguenza il 4 gennaio, giorno della salita al cielo di Eustazio, fu dichiarato festa ufficiale della Chiesa ortodossa serba.

Poco dopo, per i pericoli causati dai nemici esterni della Serbia, il corpo vivificante e le reliquie di Eustazio, per ordine dell'arcivescovo Giacomo, furono trasferiti da Zica a Pec, dove rimasero nella chiesa del patriarcato fino al 1737, quando vennero portati al monastero dell'Arcangelo.

"Santo padre Eustazio, hai dimostrato e testimoniato, con l'amore e lo zelo per il Signore e Salvatore Gesù Cristo, che tutta la vita va consacrata e offerta a Dio in sacrificio di soave odore. Noi ti invochiamo, o amorevole: prega per noi, miserabili peccatori, il Cristo, nostro vero Dio, affinché le nostre anime siano illuminate e santificate dallo stesso amore di lui, cui spettano gloria, onore e adorazione assieme al Padre suo senza principio e allo Spirito vivificante, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen".

KONTAKION Tono 2

Ricevendo grazia da Dio, padre Eustazio, * sei stato rivestito delle sembianze dei santi gerarchi; * con le labbra hai insegnato piamente a tutti * l'adorazione della Trinità consustanziale; * venerando, perciò, la tua memoria, * glorifichiamo Dio che ha glorificato te.




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